sotto i Wayfarer .Urban 05/10/07

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*LaMegky*
view post Posted on 3/8/2010, 20:26




è un po' vecchia questa intervista ma la trovo molto carina è di 3 anni fa ... la metto giusto perché ora nel forum c'è molto silenzio

SOTTO I WAYFARER

C’è Carlo Pastore. Calciatore e clarinettista pentito. Animatore di webzine e festival di musica alternativa. E, soprattutto, il più giovane vj di Mtv

testo: Maurizio Marsico
immagini: Cesare Cicardini
05/10/2007



Se gli dai del giovane quasi quasi si offende (“non sono mica un quattordicenne in giro a far danni con la mia baby gang”) ma per finta, perché lo sa anche lui di essere il volto più in erba di Mtv-Italia. Carlo Pastore, di padre novarese e madre gallurese, classe 1985, poche primavere dietro le spalle e tante cose da fare nell’immediato futuro. Imprinting lacustre (ha vissuto nei pressi del Lago Maggiore fino ai 18 anni) e un effervescente pedigree. Ex calciatore (ha frequentato la scuola calcio Parma AC), ex musicista (ha studiato clarinetto per otto anni), ex studente (Mr Liceo del suo istituto), Carlo non è soltanto un bel faccino dalla parlantina sciolta, capace di farsi tanto piacere e di intortarti con la battuta fulminante, è soprattutto uno che lo capisci subito che di musica se ne intende parecchio e che di dischi ne ha macinati tanti. Uno di quei tipi di cui pensavamo si fosse perso lo stampino e che per fortuna invece no, esistono ancora. Insomma un veejay (da poco più di sei mesi) che conosce bene ciò di cui parla, e scusate se è poco. Un veejay (da poco più di sei mesi) che è già stato conduttore dell’Mtv Day 2007, ossia della manifestazione che qualche settimana fa ha festeggiato il primo glorioso decennio dell’emittente con la emme maiuscola. Un veejay (da poco più di sei mesi) che è già titolare di una striscia quotidiana (Your Noise). Una persona con qualcosa da dire che è piacevole stare ad ascoltare. Anche senza video.
Dalla provincia a Mtv com’è avvenuto l’approdo…
“La voglia di fuggire dalla provincia è cominciata a 15 anni con i primi concerti e le prime collaborazioni a una webzine (Rockit) che negli anni è diventata punto di riferimento di certa musica alternative. Poi dopo le superiori sono arrivato a Milano e mi sono iscritto alla facoltà di Storia che ho frequentato per modo di dire perché le collaborazioni part-time nel frattempo erano diventate full e tra le varie cose organizzavo pure MiAmi, il festival culto della musica indipendente milanese. Poi la telefonata di un amico che mi annunciava il casting di Mtv per un volto nuovo di una trasmissione indie-oriented ma non troppo e che non scorderò mai: manda il tuo curriculum, manda la tua foto e… non si scherza più”.
A quale veejay della Old School ti senti particolarmente affine?
“A tutti e a nessuno. Quando ero ragazzino ho ammirato molto il modo di condurre Brand New di Massimo Coppola. Ma stimo anche altri. Paola Maugeri per l’impegno, Enrico Silvestrin insuperabile nei live e il NonGio, vero intrattenitore rock ‘n’roll”.
La musica e i modi di riprodurla sono in continua evoluzione…
“Si è ormai affermata la cultura del random, fortemente legata al formato mp3 e alla generazione iPod. Ascoltiamo più musica, ma ne conosciamo meno; conosciamo più artisti, ma solo per due-tre canzoni. Questo è buono per le band che vogliono emergere, e che prima avevano le strade sbarrate: internet ne ha moltiplicato le potenzialità. Da ascoltatori poi abbiamo potuto scoprire molta più musica, anche bella, spesso purtroppo nascosta. Ma sul fatto che ne avessimo bisogno non ne sono poi tanto convinto... È opportuno invece saper parlare il linguaggio del proprio tempo. Band come Arctic Monkeys o dj come Calvin Harris hanno saputo emergere lo stesso, perché il talento in fondo è più importante dei mezzi con il quale viene diffuso. Se mi permetti, però, vorrei dire che io amo la musica e penso che nessuno e nessun discorso su mercato e balle varie potrà togliere al disco, inteso come percorso di canzoni, il suo ruolo e il suo fascino”.
Ma a te come piace ascoltarla?
“La ascolto in qualsiasi condizione, ma sono davvero infastidito dagli impianti che tagliano frequenze e restituiscono le canzoni come fossero un’immagine pixelata. Hai presente? Adoro gli estremi e passo con somma gioia dalla dimensione intima dove si esplorano i dettagli della cuffia, fino all’impianto hi-fi esagerato e sparato a tutto volume che stimola gli esercizi di air guitar”.
Non mi dirai che ti sei comprato il game…
“Guarda che io le mie belle esecuzioni di air guitar me le sono sempre fatte senza gioco, poi quando è uscito l’ho provato in trasmissione. È fortissimo, un gioco che spacca”.
In un certo senso da ascoltatori ci stiamo trasformando in prosumer e vogliamo interagire con tutto. Second Life, Wikipedia eccetera. Com’è fare il veejay nell’epoca di You Tube ?
“Non posso fare paragoni con il passato perché io nel passato non facevo il veejay. Devo dire che è sempre un piacere, questo sì. Anche se la gente che gira su Mtv non si sintonizza più soltanto per il videoclip, ma per qualcosa in più. Questa è stata la forza di questo canale: saper offrire non solo la musica, ma i valori e i contenuti che la sorreggono e che permettono alla gente di aggregarvisi e affezionarvisi. Ormai tutti possono trovare la musica ovunque: vai su YouTube e hai tutti i clip che vuoi in ogni momento che vuoi. È per questo che è giusto che Mtv offra molto più di una semplice rotazione musicale e allarghi il proprio tiro”.
Per questo Mtv oggi guarda oltre la musica...
“Questa domanda mi ricorda una delle canzoni che amo di più di una delle mie band preferite, i Maximo Park. La canzone si chiama The coast is always changing e fa più o meno: “We look out upon the sea / the coast is always changing”. Mi struggo. La verità è che Mtv si è fatta ormai grande e sta guardando oltre quelli che erano i suoi confini. Piano piano ha saputo affrontare il duopolio televisivo tutto italiano ed è diventata – esclusivamente per suoi meriti – confidenziale per il pubblico italiano. Ci pensi? Prima erano i ragazzini a scoprire la potenza della musica e del videoclip; ora anche le mamme, durante il loro zapping quotidiano, fanno uno stop... Spero dunque che questo passaggio verso una visione generalista della televisione contribuisca a portare ulteriori meriti e non invece a livellarsi sullo standard mediocre e facilone della televisione italiana per fare audience”.
L’ultimo disco di Prince è uscito come allegato a un quotidiano inglese in milioni di copie... non è che le case discografiche d’un tratto siano diventate obsolete?
“Certamente hanno perso la loro centralità, e questo secondo me è un bene. Però sono convinto che non siano le case discografiche a essere diventate obsolete, ma è il loro modo di lavorare a esserlo. Soprattutto in Italia. In un mercato che cambia i propri modi di fruizione è fondamentale che un’impresa punti sull’aggiornamento e sulla capacità di lanciare nuovi business. Se ci pensiamo bene, la musica, in realtà, è sempre più centrale nelle nostre vite. La acquistiamo comprando suonerie dei telefonini, la troviamo nelle pubblicità, nelle metropolitane, nelle macchine, nei posti di lavoro, sul computer, in tv: è ovunque, produce fatturato e aiuta a farne. Quello che si è perso è il significato sociale che aveva il mercato discografico, i dischi. Ma gli artisti hanno bisogno di qualcuno che lavori con loro e per loro: perché oggi l’arte, come qualsiasi cosa, per incidere ha bisogno di avere una propria collocazione nel mercato”.
Sei un feticista di art work, copertine, edizioni limitate o non te ne frega un beneamato… ?
“Sono un feticista in generale. Poi ognuno ha il suo ambito. A una mia amica piacciono i piedi, io in effetti provo un particolare orgasmo psicologico quando mi imbatto in art work stilosissimi e digipack che esaltano il tatto. Per non parlare delle edizioni limitate con quella canzone bonus o quel remix inutile ma così “speciale”. Tendenzialmente, scarico tantissimi dischi perché mi piace ascoltare e tenermi aggiornato e scoprire canzoni e band nuove. Ma quando compro la musica, cerco anche l’oggetto. Perché il comprare presume necessariamente l’oggetto, mentre l’ascoltare presume solo la musica – non so se mi spiego. È per questo che l’oggetto cd non funziona: non ha fascino, cosa che il vinile invece mantiene tutt’ora”.
La tua idea di video perfetto…
“Ti faccio due esempi. Uno è Around the world dei Daft Punk, del genio Grondy, regista che amo. Risponde esattamente ai requisiti di cui sopra: ritmo, colore, balletto, figaggine assoluta di soggetto, stile incredibile di balletto. Ma d’altronde Michel sa sempre come stupirci. L’altro è amore puro, sesso, poesia. Ed è I just don’t know what to do with myself, dei White Stripes, girato da Sofia Coppola, altra regista che amo e che come me ama il rock’n’roll. Bianco e nero, un palo e la musa Kate Moss che ci si avvinghia sinuosa. Per me un video è significativo quando riesce a colpire il nostro immaginario esaltando il valore, il ritmo e i contenuti della canzone. In un videoclip, sono determinanti la qualità estetica delle immagini e il ritmo come per il balletto”.
In quanto personaggio pubblico quali responsabilità ritieni di avere nei confronti dei tuoi telespettatori?
“Le responsabilità devono essere, innanzitutto, nei confronti di se stessi. Ognuno deve essere a posto con la propria coscienza, coi propri valori e coi propri contenuti. Il resto, poi, lo decide la gente”.
Che idea ti sei fatto del tuo pubblico?
“Lavoro in televisione da sei mesi, ancora non ho ben realizzato. Quello che ho visto è che il pubblico di Your Noise è attento, interattivo, vuole partecipare, interagire, essere protagonista. La cosa che più apprezzo, però, è l’entusiasmo che mi regalano e che adottano nel fare le cose: è bellissimo vederli contenti quando andiamo a parlare di un gruppo nuovo o quando facciamo l’ennesimo viaggio tra i meandri della tv”.
Come ti vedi tra dieci anni?
“Ancora a spingere”.
 
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zerofobia92
view post Posted on 17/8/2010, 21:03




è vecchissima questa intervista **
 
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1 replies since 3/8/2010, 20:26   52 views
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